Da Bolzano fino a Lampedusa. Sedici tappe di un giro d’Italia (in treno), alla scoperta di altrettante storie di partigiane e partigiani che hanno “fatto” la Resistenza.
Una bella resistenza è un libro unico, ambizioso, avvincente e resistente, in cui Daniele Aristarco ci accompagna a conoscere vite straordinarie, per svelare il mistero di un attimo della nostra Storia, che ha cambiato per sempre l’Italia.
Intervista a Daniele Aristarco
I viaggi funzionano così: c’è un punto in cui si parte e uno in cui si arriva. Sono lineari. Noi, per scombinare le carte, siamo partiti dal fondo. Nei ringraziamenti scrivi che «lo scopo di ogni viaggio non è scoprire chi siamo o cos’è il mondo, due pretese decisamente ingombranti, ma fino a dove potremo spingerci». Fin dove ti sei spinto tu in questo viaggio? E perché lo hai fatto?
A.: Se non è uno spostamento da un punto “a” a un punto “b”, un movimento limitato nel tempo e nello spazio, e se non è turismo, il viaggio diventa un modo di vivere anche gli spazi consueti, è un altro sguardo.
È lo sguardo di Adamo che si posa sulle cose per la prima volta. E che dà loro un nome. Si parte per un desiderio più che per raggiungere una meta. E il desiderio non si governa, è una forza che agisce su di noi, dentro di noi. Il viaggio dispone del viaggiatore come meglio crede. Ci si lascia alle spalle le consuetudini e ci si espone volontariamente alle incertezze.
Quando parto per un viaggio, fisico o mentale, per esempio tra gli scaffali di una biblioteca, non so mai quello che mi succederà né dove arriverò, mi lascio guidare dalle domande.
In questo caso, la domanda di partenza è stata: dove posso intercettare la Resistenza, le sue storie? Si tratta di un passato “consegnato e chiuso”, oppure è un’eredità, come spesso ci viene detto, un serbatoio di energie e di proposte ancora vitali?
E se è così, dove si trova questa eredità? Mi è parso subito chiaro che non sarei andato a cercare gli ultimi testimoni viventi, ma coloro che ne hanno appreso la storia e che consapevolmente hanno deciso di seguirne l’esempio. Il viaggio che ho fatto, dunque, mi ha fatto scoprire angoli del Paese prima per me sconosciuti e mi ha messo in comunicazione con molti ragazzi e ragazze, veri protagonisti di queste storie.
Che relazione può esserci o crearsi tra un movimento come la Resistenza e la realtà dei ragazzi di oggi?
A.: Quando racconto i fatti del passato, spesso i giovani mi chiedono: è più importante il passato del presente? Noi giovani contiamo davvero e possiamo fare qualcosa di utile, adesso? Questa domanda, così com’è formulata, mi pare già una testimonianza del fatto che le idealità, le energie e il desiderio di cambiamento della Resistenza continuano a vivere in loro.
Non dimentichiamo che la Resistenza è stata essenzialmente un movimento di giovani uomini e donne, ragazzi e ragazze, che nonostante l’indottrinamento ricevuto a scuola, nonostante il fascismo che voleva omologarli, farli marciare, credere, obbedire e combattere, riuscirono a disobbedire.
Nell’esperienza che ho maturato in questi anni di laboratori e incontri nelle scuole e, soprattutto, in questo viaggio che ho deciso di raccontare, ho potuto riscontrare un grande interesse dei giovani nei confronti della Resistenza. Anche nelle ragazze e nei ragazzi che non sono nati in Italia o che provengono da famiglie che non hanno una storia legata alla Seconda guerra mondiale, mi è parso di percepire un grande interesse in quel desiderio di trasformazione, nella capacità di dialogo e di collaborazione, nel coraggio di voler cambiare le cose.
Non a caso, negli ultimi anni sono numerosi i segnali che sono arrivati dai giovani, sia dai movimenti contro il cambiamento climatico che dai movimenti femministi.
Se ti trovassi in una situazione in cui devi difendere strenuamente i tuoi ideali, quale potrebbe essere il tuo nome di battaglia?
A.: Senza dubbio Victor, ma non posso rivelarne il motivo. È cosa assai segreta.
Se avessi una macchina del tempo, quale delle persone di cui hai narrato la storia ti piacerebbe incontrare e perché?
A.: Sicuramente mi piacerebbe incontrare Germano Nicolini, il comandante Diavolo. Nicolini è stato un capo partigiano di grande competenza, umanità e onestà. È stato ingiustamente accusato e condannato per un omicidio mai compiuto. Nel corso di molti anni di vera e propria persecuzione, non ha mai rinnegato i suoi principi ed è riuscito a resistere, fino a quando la sua integrità non è stata riconosciuta.
Non dirò di più per non spoilerare la storia più “gialla” del mio libro. La sua figura mi ha sempre affascinato, ma studian- dola ne ho ammirato sempre più l’onestà e la forza.
Mi piacerebbe moltissimo incontrare Maria Occhipinti, una donna di Ragusa coraggiosissima. A 23 anni, incinta di 5 mesi, si sdraiò a terra per impedire il passaggio delle camionette che portavano i ragazzi siciliani in guerra. Nata in una realtà poverissima, pagò con il carcere e la solitudine la sua idea di libertà, ma seppe vivere con coerenza la sua esistenza. Viaggiò per tutto il mondo, divenne una scrittrice, una femminista e un’anarchica. È una donna che ammiro molto.
Quale significato assume, per studentesse e studenti, il fatto di approfondire la vita di partigiani “comuni” e non solamente quella dei partigiani passati alla Storia?
A.: In questo lavoro, una particolare attenzione l’ho posta su questa questione: la definizione di opposizione, di resistenza, di disobbedienza. Ci sono molti modi di opporsi alle ingiustizie, di non restare indifferenti, di fare la propria parte, di parteggiare.
Oggi viviamo in una società molto differente da quella di allora, ma molte questioni sono ancora aperte. L’idea di guardare al mondo come una cosa che si può modificare, il confrontarsi con gli altri per cercare delle soluzioni, la volontà di mettere al centro della discussione il bene collettivo, ecco, tutti questi elementi della Storia non solo aiutano i giovani a comprendere il passato, ma costituiscono anche un grande serbatoio di ispirazioni, suggerimenti, idee da praticare.
Per questo motivo, le storie meno “epiche” risultano quelle più stimolanti. Perché ci aiutano a riflettere sui gesti quotidiani che scavano la realtà e possono modi- ficarla in maniera significativa.
Tre spunti di riflessione che si potranno trovare nel tuo libro per approfondire il tema delle lotte partigiane.
A.: Per capire una storia, sostengo nel libro, “bisogna andarci”. Tempo fa tenni un incontro in una scuola di Trastevere, a Roma. Una ragazza mi chiese come faccio a “immedesimarmi” nelle storie del passato, come faccio a rivivere la Resistenza. Le ho proposto di attraversare un paio di viali e di raggiungere tutti assieme il carcere delle Mantellate, poco distante da dove si svolgeva il nostro incontro. In quel carcere è ambientata una delle storie del libro.
Le nostre città offrono infinite suggestioni in questo senso. Oltre ai luoghi significativi, le targhe commemorative, le pie- tre d’inciampo o anche solo la toponomastica può aiutarci a riflettere su quello che si è deciso di fissare e tramandare.
Consiglio, quindi, di percorrere quei luoghi, taccuino alla mano e di interrogarsi sulle storie che ci circondano per poi approfondirle. Per rendere vitale la nostra eredità, bisogna conoscerla e saperla raccontare.
La seconda possibilità è quella di ripercorrere, per così dire, “a ritroso” la Costituzione. Scegliamo un articolo e domandiamoci: quanto questo principio è in relazione con la Storia italiana, quanto con quella partigiana? L’Articolo 3, per esempio, specifica tutti i casi che avevano dato origine a discriminazione durante la dittatura fascista, li fissa per condannarli e metterli “fuori dalla Storia”, renderli impossibili.
O ancora, l’Articolo 8 utilizza l’espressione “ripudiare” la guerra e non “rifiutare”. Anche in questo caso, perché i partigiani, che pure hanno utilizzato la violenza, ripudiano e non rifiutano la guerra?
C’è infine un elemento ricorrente nei racconti di questo libro: il ruolo della donna. Per molto tempo, alle donne non è stato riconosciuto, non pienamente, il ruolo primario che hanno svolto nella lotta partigiana. Eppure, senza di loro la lotta sarebbe stata impossibile.
Approfondire queste storie può aiutarci a riflettere sul cammino che, nel frattempo, abbiamo portato avanti e sulla strada che resta ancora da fare per una piena parità.