Fabio Geda, autore torinese amatissimo dai giovani lettori, firma Fai qualcosa! (Mondadori). Dopo la serie Berlin e il prequel Il lato oscuro della luna, scritti insieme a Marco Magnone, affronta un tema a lui molto caro: quello dell’impegno civile. Ecco il suo messaggio per gli insegnanti.
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Capita che uno passi mesi, a volte anni, a progettare libri che non scriverà mai, e poi, nel giro di poco, si trovi tra le mani un libro finito che non pensava di scrivere. È una cosa che fa parte di quel mistero che è raccontare una storia. Fai qualcosa! è un libro che non avevo in mente di scrivere. Ma quando mi sono seduto per buttare giù qualche riga e vedere che effetto mi faceva, in testa poco più che un’intuizione, la prima cosa che ho pensato è stata: che accidenti stavo aspettando?
Il fatto è che l’impegno civile ha sempre occupato una porzione importante della mia vita, fin da quando ero ragazzino. Fare il rappresentante di istituto al liceo, fare volontariato con i senza dimora, andare in un campo profughi in Slovenia durante la Guerra dei Balcani, occuparmi di disagio minorile, sono alcune delle forme che quell’impegno ha assunto nel tempo. Forme concrete, gesti, luoghi, persone in carne e ossa. Più quello, che like a distanza. Come scrive la poetessa Wislawa Szymborska: preferisco me che vuole bene alla gente, a me che ama l’umanità.
Con lo stesso atteggiamento mi sono poi dedicato alla scrittura. Sono attratto dai racconti che stimolano riflessioni sullo stare al mondo, sull’essere parte di una comunità. Sul diventare cittadine e cittadini con diritti e doveri, tra cui quello di interessarsi tanto del pianeta quanto degli abitanti del proprio quartiere. Vita e storie. Storie e vita. Scrivere Nel mare ci sono i coccodrilli (Baldini+Castoldi) e andare a Genova nel luglio del 2001 per prendere parte alle proteste e ai dibattiti in occasione del G8, tanto per essere chiari, per me sono due mele dello stesso cesto.
Fai qualcosa! è ambientato nella primavera del 2018. Il 20 agosto di quell’anno, a Stoccolma, Greta Thunberg decide di smettere di andare a scuola fino alle elezioni legislative del 9 settembre. A motivarla sono le eccezionali ondate di calore e gli incendi boschivi che quell’estate hanno colpito la Svezia. Chiede che il governo svedese tenga fede agli accordi di Parigi e faccia ciò che deve per affrontare la crisi climatica. Come sappiamo, il suo Skolstrejk för klimatet (sciopero della scuola per il clima) da lì a poco darà origine al movimento studentesco internazionale Fridays for Future.
Trovo significativo che tutto ciò coinvolga la scuola. Rubo a due cari amici, Matteo Saudino e Chiara Foà, un passo dal loro libro Cambiamo la scuola (Eris). “La scuola è lo spazio pubblico politico per eccellenza, in quanto in esso si formano gli uomini e le donne come persone e come cittadini. Lo studio delle diverse materie ha una ricaduta politica, perché deve lasciare agli studenti gli strumenti culturali necessari per capire la complessità della realtà. Per questo fare l’insegnante è da sempre un mestiere profondamente politico.”
In Fai qualcosa! la professoressa Carati è quel tipo di insegnante lì. Non arretra di fronte alla sfida educativa di raccontare e presentare la complessità del reale ai suoi studenti. Penso al maestro più intrinsecamente politico di cui abbia mai parlato, quello di Enaiatollah in Nel mare ci sono i coccodrilli. Piuttosto che abbandonare la cattedra accetta la morte per mano dei Talebani, e che (io credo) la accetta anche come ultimo fondamentale insegnamento ai suoi ragazzi. Noi per fortuna, in Italia, in Europa, non abbiamo docenti che rischiano la vita per assicurare agli studenti il diritto di frequentare la scuola e il libero pensiero. L’omicidio di Samuel Paty a Parigi è un evento drammatico, ma speriamo irripetibile. Abbiamo però bisogno di docenti che accettino il rischio della parola, del dibattito, della sintesi, della difesa dell’etica e della morale. Il rischio e la gioia di portare il mondo dentro la scuola e gli studenti dentro il mondo.
Fabio Geda