Roberto Morgese, autore de Il genio della matematica (Il Battello a Vapore), firma una riflessione sul gioco, la matematica e come, nel suo nuovo libro, vadano davvero a braccetto.
«In tutti i tempi e presso tutti i popoli si insegnavano giochi matematici per rendere dilettevole o meno noiosa l’aritmetica. […] Credo di fare cosa utile agli insegnanti col pubblicarne alcuni.»
Con queste parole Giuseppe Peano (1858 – 1932), uno dei maggiori matematici italiani del passato, apriva il suo volumetto del 1925 Giochi di aritmetica e problemi interessanti.
Impossibile non innamorarsi della semplicità e della schiettezza di tale affermazione, impossibile resistere alla tentazione di scriverci un libro!)
Peano ci dice, come altri prima e dopo di lui, che la matematica s’impara anche (forse soprattutto) giocando. Giocare significa esplorare, tentare, azzardare, sbagliare, vincere e perdere. In una parola: divertirsi.
I giochi aritmetici di Il genio della matematica sono stati (tutti) ripresi dal volumetto di Peano. Funzionano come insoliti balocchi da smontare, con le loro strane armonie e ricorrenze, e intriganti indovinelli, così semplici e complessi allo stesso tempo. Sono sfide che appassionano non solo Maria, la protagonista trapiantata dalla Calabria nel torinese (nella casa in cui abitava un affezionato allievo del grande matematico) ma anche i suoi amici, inizialmente così diffidenti verso calcoli e problemi.
Ma il pensiero dei ragazzi (e non solo) è fondamentalmente “narrazione”. Una storia che intreccia quesiti aritmetici diventa quindi per i giovani lettori l’occasione per gustarsi un bel libro (nostrano!) senza dover ricorrere alla narrazione matematica che arriva dall’estero.
“Gustarsi” è proprio il verbo adatto. Il genio della matematica, infatti, è una storia di ragazzi collaborativi e scanzonati che affrontano a cuor leggero i giochi e gli indovinelli di Peano cercando di spiegare, ad esempio, il curioso risultato di una semplice sequenza di operazioni. Sareste capaci?
Per chi non fosse ancora convinto che la matematica è più bella quando sta dentro a un romanzo, lasciamo parlare ancora il maestro, che in conclusione scrive:
«Se l’insegnante tormenta i suoi alunni e, invece di cattivarsi il loro amore, eccita odio contro sé e la scienza che insegna, non solo il suo insegnamento sarà negativo, ma il dover convivere con tanti piccoli nemici sarà per lui un continuo tormento.»
Roberto Morgese