C’è un equivoco di fondo che a volte disorienta coloro i quali, insegnanti, educatori o animatori, si propongono di affrontare con i più giovani lettori il tema della Mafia. Un equivoco che da una parte si fonda sulla convinzione che bambini e ragazzi siano troppo immaturi per comprendere un fenomeno complesso e profondamente stratificato come quello mafioso. E dall’altra sul timore che la carica di violenza e crudeltà sulle quali si fonda la stessa esistenza della criminalità organizzata, sia talmente spaventoso e abnorme da risultare di fatto inenarrabile, almeno negli ambiti dell’infanzia e della prima adolescenza.
Confesso che ad aiutarmi a superare questo equivoco, perché di tale si tratta, non è stata solo la pluridecennale esperienza di maestro, che mi ha insegnato che non esiste argomento, per quanto complicato o spinoso, che non si possa affrontare coi bambini e coi ragazzi, a patto di offrire loro percorsi graduali di conoscenza e strumenti efficaci per decodificare la realtà che li circonda. Ad aiutarmi a superare definitivamente paure e remore è stata soprattutto la stesura del libro Da che parte stare, nel quale racconto l’infanzia e l’adolescenza di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, la cui prima parte è interamente dedicata alla ricostruzione degli eventi che posero tragicamente fine alla loro esistenza.
Un impegno assunto con entusiasmo ma anche con trepidazione, che mi portò a pormi numerose domande. In che modo raccontare ai bambini e ai ragazzi il percorso storico che portò agli attentati di Capaci e di via D’Amelio? Come spiegare loro i complotti e le complicità che contribuirono alla loro morte? Quali parole usare per descrivere l’implacabilità e la ferocia dei loro carnefici, e insieme la grandezza di due persone che portarono avanti il loro compito coscienti che ciò gli sarebbe costata la vita?
Le risposte, o meglio, la risposta a tutte queste domande, fu che avrei dovuto scrivere il libro nello stesso modo in cui da sempre racconto ogni altra difficile storia ai miei alunni. Con un linguaggio semplice che narrasse la verità senza nulla omettere, ma che pure non indugiasse morbosamente sugli aspetti più brutali e terrificanti di questa vicenda. E che insieme animasse in carne ed ossa tanto coloro che nella loro vita scelsero di stare dalla parte del bene – Paolo, Giovanni, sua moglie Francesca Morvillo e tutti gli agenti delle loro scorte –, tanto quelli che invece scelsero la strada opposta, come l’uomo che pigiò il telecomando dell’ordigno di Capaci, uno dei killer più pericolosi di Cosa Nostra, che da bambino non andò mai a scuola e fu educato in famiglia al culto della sopraffazione e della violenza.
Sono convinto che sia stata soprattutto quest’ultima scelta, quella di restituire sulla carta i tratti reali dei personaggi reali, ad aver poi decretato la buona riuscita del libro. Non solo, quindi, come strumento di conoscenza degli avvenimenti storici. Ma anche come occasione di riflessione sulla legalità intesa non come un concetto astratto, ma come un insieme di buone pratiche quotidiane – rispetto di sé stessi e degli altri, l’assunzione di responsabilità e il coraggio di impegnarsi per ciò che si ritiene giusto – condividere tutti insieme sin dall’infanzia.
Personalmente poi, nella mia attività di insegnante, ho sempre fatto in modo che i miei alunni potessero avvicinarsi non solo a testi di tipo saggistico, ma anche e soprattutto a buoni testi narrativi, nella consapevolezza che niente come una buona storia riesce a suscitare nei più giovani quella indignazione per i mali che affliggono il mondo, e quella passione per la verità e la giustizia, di cui vorremmo vederli capaci. Libri nei quali Cosa Nostra e le altre forme di criminalità organizzata vengono raccontate attraverso il punto di vista dei giovani protagonisti, bambini e ragazzi nei quali potersi empaticamente rispecchiare, e insieme ai quali correre per le strade dell’avventura, trepidare di fronte ai pericoli e operare scelte discernendo il bene dal male.
Alberto Melis
Tra i libri presenti nella collana il Battello a Vapore su questo tema:
- i due romanzi di Pina Varriale Ragazzi di camorra – che racconta la difficile vita di Antonio, un ragazzo napoletano destinato a diventare un “moschillo”, ovvero un giovane camorrista, sino alla sua presa di coscienza e alla sua ribellione – e Più forti della Mafia, ambientato invece in Puglia e animato da Francesco e Alessia, due ragazzini che loro malgrado si trovano a dover affrontare un’oscura trama tessuta dalla Sacra Corona Unita.
- O Mae’, di Luigi Garlando, uno dei primi scrittori per ragazzi ad affrontare in Italia il tema della Mafia, è un romanzo profondamente radicato nella realtà di Napoli e ispirato alla vera e straordinaria esperienza di Gianni Maddaloni, un maestro di judo che attraverso lo sport ha combattuto per molti anni il degrado e l’onnipotenza della Camorra. Il protagonista della storia si chiama Filippo e sembra avere un destino segnato. Ma un giorno anch’egli imparerà a dire di no e a ribellarsi. Perché come dice il Mae’, il maestro di judo, il destino “non è un’ombra legata al piede. È solo un chewingum sotto la scarpa. Se uno vuole, se lo stacca”.
Suggeriamo inoltre agli insegnanti la lettura di Lezioni di mafia di Pietro Grasso: un testo per approfondire l’argomento e trovare spunti per trattare il tema con i bambini.