Mi piace tantissimo leggere! Va bene, non che questa sia una notizia che può stupire… Sono pienamente adulta, padroneggio la lettura e ne posso cogliere le sfumature, ho sviluppato nel tempo la mia immaginazione e mi sono esercitata a recuperare le mie istanze infantili. Dunque, che a me piaccia leggere non è molto interessante. Forse è più interessante capire perché leggere mi diverta tanto. Me lo sono chiesta a lungo. Avanzando a ritroso, sono sicura che i fattori che hanno fatto di me un lettore siano tanti, ma due sono i principali: la passione di mia nonna per la trasmissione orale delle vicende di famiglia; l’affezione di mio padre per i libri.
Mia nonna Miriam raccontava cucendo, stirando, cucinando, potando i fiori. Ogni azione era un pretesto per andare a rievocare qualcosa della sua infanzia con cinque sorelle, delle sue vicende di adolescente, delle sue tribolazioni di donna adulta durante la guerra. Questioni che potevano essere risolte in poche parole, nella sua versione diventavano vera e propria mitologia domestica.
E sapeva ripetere senza cambiare le parole: non mi è mai stato chiaro se lo facesse perchè affezionata a quei vocaboli o se volesse, piuttosto, testare la mia attenzione. Un bambino che ascolta storie ha buone probabilità di diventare un adulto che legge; quei racconti hanno forgiato il mio immaginario e mi hanno spronato a capire che non c’è realtà che non sia magica, che non c’è fatto che non possa diventare storia.
Mio padre Armando leggeva ad alta voce per me e per mia sorella. Sceglieva i libri che aveva a portata di mano e, credo, saltava e semplificava per farci capire. Il nocciolo centrale della nostra biblioteca di famiglia era costituito dalla sua raccolta di BUR grigi, che ancora adesso conservo con gelosia. Li avevamo catalogati insieme, aggiornando l’elenco con i nuovi ingressi. Andavamo fieri dei nostri libri.
Che cosa mi piaceva delle storie lette da mio padre? Mi piaceva che tutto fosse possibile, che le regole si potessero violare, che le norme si potessero forzare, che i rischi si potessero correre, che lì, nelle pagine, fosse possibile l’impossibile. Mi inebriava sapere che, seduta sulle ginocchia del mio papà o sprofondata nella coperta sul divano, avrei potuto seguire percorsi mirabolanti e spericolati, con la certezza di ritrovarmi sempre lì.
Sì, credo di aver fatto molta esperienza ascoltando le storie di mia nonna e i libri di mio padre. Questo mi ha spinto poi a cercare la lettura autonoma e ad alimentarla. Non ho mai avuto indicazioni né proibizioni familiari sui titoli da preferire o da scartare, ma non mi sono mai sentita sperduta né incerta nell’esplorazione di una biblioteca.
Per questo sono convinta che leggere sia crescere
Ne sono talmente persuasa che continuo a sostenere questa teoria sia come autore (ma soffermarsi su questo sarebbe gioco troppo facile) sia come docente. La mia piccola, modesta riprova, è che se trovo per ciascuna classe e per ciascun ragazzo il libro dell’esperienza che vorrebbero vivere, ho conquistato un lettore. E un lettore conquistato, è un pensatore avviato.
Certo, il piacere di leggere si avvia anche con un po’ di dolcezza, quindi non faccio mai mancare ai miei studenti, all’inizio di ogni lezione, 10 minuti di lettura ad alta voce. Aiuta a concentrarsi, a pensare e a tenere il fiato in sospeso fino alla prossima lettura, quando si scoprirà come va avanti la storia.
Annalisa Strada