‘I tempi dei verbi, la guerra aveva cambiato anche quelli. Non si facevano mai le domande al presente, c’era solo l’imperfetto, c’era un “prima” e si dava per certo che ora ognuno stesse facendo qualcosa di diverso da quello che faceva prima, che fosse egli stesso qualcosa di diverso. Gli operai facevano i caporali, gli impiegati facevano i partigiani, le donne costruivano bombe nelle fabbriche vuote di uomini. Nessuno faceva ciò a cui era destinato, in quel tempo’.
da “L’uomo del treno”
Fabrizio Altieri, scrittore e insegnante, torna nelle librerie con L’uomo del treno, uno straordinario affresco dell’Italia occupata dai nazisti: disperata, povera, affamata, ma sempre ricca di un’umanità palpitante, generosa e coraggiosa. Una lettura coinvolgente, commovente, satura di emozioni e di sentimenti, attraverso la quale la Storia con la “S” maiuscola si intreccia con le tante storie di uomini, donne, bambini che dalla vita vogliono cose universali e preziose come la pace, l’amore, la famiglia. Abbiamo raggiunto l’autore per porgergli qualche domanda.
“L’uomo del treno” è un romanzo in cui si intrecciano storie di vari personaggi durante la Seconda Guerra Mondiale in Italia: è stato complesso narrare la storia con questa pluralità di voci?
Non è stato un problema, i personaggi sono comparsi uno alla volta mentre scrivevo, senza che nemmeno li chiamassi. Sono entrati nella storia in modo naturale, come succede nella realtà, e hanno svolto il loro ruolo senza combinare guai (a volte i personaggi lo fanno). I quattro personaggi principali rappresentano una pluralità di categorie umane sia per età che per condizione sociale ed economica. Questo mi ha permesso di mostrare com’era la vita di tutti gli italiani in quel periodo disgraziato.
Il tema della memoria, del ricordo di un determinato momento storico, nel suo romanzo è centrale. Può essere il pretesto per parlare ai ragazzi del nostro passato?
Più che un pretesto per parlare del nostro passato lo è per parlare del nostro presente. È davvero così impossibile e fuori dalla realtà che qualcosa di così orribile possa ripetersi in questo tempo di smartphone e social? Siamo davvero così evoluti e abbiamo gli anticorpi per evitare che quel cancro ritorni? I libri che parlano del passato in realtà parlano di oggi e sono come i vaccini quando c’è da fare il richiamo. Gli anticorpi muoiono, ne vanno creati sempre di nuovi. ‘L’uomo del treno’ è il mio piccolo contributo al vaccino.
Qual è il passo del suo libro che ritiene maggiormente commovente/emozionante?
Quando Giuliana, finita la guerra, porta alle famiglie le foto dei bambini che giocano sereni nella baracca del campo l’ultima volta prima di morire.
Lei oltre ad essere scrittore è anche un insegnante: quale tipo di approccio si può usare con i ragazzi per spiegare le complessità di alcuni momenti storici, come la Seconda Guerra Mondiale? La lettura condivisa può essere un valido strumento?
È difficile spiegare la storia ai ragazzi. La vedono come un qualcosa di noioso e lontano dalla loro realtà quotidiana. Un modo potrebbe essere quello di farli appassionare ai libri che parlano di quel certo periodo, dopo può venirgli il desiderio di capire meglio cosa accadde da un punto di vista storico. A questo fine la lettura condivisa, per la mia esperienza di scrittore che girovaga per le scuole di ogni ordine e grado, è fondamentale. Sentire l’autore che legge il libro ad alta voce, anche solo un capitolo, affascina i ragazzi e i bambini. E ancor di più è utile che leggano insieme in classe i libri, perché scoprono che leggere è divertente e questo li spinge poi a leggerseli da soli a casa.
Qui trovate informazioni sul libro e materiali per proporre la lettura in classe.