Diario di una striker di Federica Gasbarro (Edizioni Piemme) è l’appassionante resoconto di un impegno costante e a 360° per la salvaguardia del pianeta, dai Fridays For Future all’incontro con Greta Thunberg.
Diario di una striker è la storia di una presa di posizione, e di una scelta: Federica è una studentessa universitaria romana come tante, un po’ timida e introversa. Eppure, quando è nato il movimento Fridays For Future ispirato da Greta Thunberg, insieme a migliaia di coetanei ha sentito l’urgenza di scendere in piazza per protestare contro l’inerzia delle istituzioni davanti al cambiamento climatico.
Ci ha raccontato la sua esperienza e i suoi obbiettivi in quest’intervista.
Puoi raccontarci in breve cosa ti ha spinto a interessarti dell’ambiente e come sei arrivata alla decisione di far parte del movimento di Greta Thunberg?
Sono nata in una famiglia che mi ha sempre educata al rispetto di ciò che ci circonda, però ammetto che spesso in passato sono stata superficiale nelle scelte. Presa dall’energia tipica degli adolescenti, sorvolavo su diversi aspetti, soprattutto su come alcune nostre abitudini abbiano un forte impatto sulla salute del nostro pianeta. Poi, grazie anche al corso di studi in Scienze Biologiche, ho iniziato esame dopo esame, convegno dopo convegno, ad apprendere nozioni fondamentali: le lezioni che seguivo mi hanno aiutata a capire il problema e sono diventata più consapevole delle mie azioni. In quel periodo non credevo molto in me stessa, ero timida e introversa. Ma era troppo forte il sentimento di dolore e impotenza di fronte allo scempio che si stava attuando: non poteva andare avanti in quel modo! Così, appena ho saputo del movimento di Greta, mi sono unita a loro. Ho conosciuto Greta quando è venuta a Roma e da quel giorno, per quanto possibile, ci siamo tenute in contatto. Ho stretto rapporti e collaborato più volte anche con altri ragazzi che si impegnano per la causa a livello internazionale. Il mio più grande sogno è quello di un futuro in cui Fridays For Future e le altre associazioni ambientaliste non esisteranno più perché non ne avremo bisogno, perché vivremo in un mondo a impatto zero. Ho già anche un mio progetto che mi è valso il posto allo Youth Climate Summit ONU di settembre come unica italiana e una borsa di studio grazie alla quale tutto potrà passare a una fase più sperimentale. Continuerò su questa strada per fare in modo che la voce di noi giovani sia ascoltata ai vertici del mondo e mi piacerebbe diventare una scienziata per poter combattere questa battaglia sempre più nel concreto.
Secondo te è importante parlare dei temi “green” in classe? Perché?
È importante perché nelle scuole ci sono bambini e ragazzi, i cittadini di oggi e i leader di domani, coloro che prenderanno decisioni. Dovranno essere in grado di dare forma al loro futuro, crescere nell’ armonia e nella consapevolezza di aver imparato a scegliere e discernere. Si dovrebbero insegnare questi temi con la stessa costanza e passione con le quali si insegnano storia o italiano. Sono uscita dalla scuola 6 anni fa, ma ricordo bene che non se ne parlava e a mala pena c’era la differenziata, che però non veniva rispettata dagli studenti. Perché? Semplice, perché nessuno capiva l’importanza di quelle azioni. Per cambiare le proprie abitudini bisogna studiare e comprendere le motivazioni. Questo è il grande onere che ha la scuola: farsi portatrice di ciò.
Cosa si aspetta un/una giovane dai propri insegnanti, o meglio, cosa vorrebbe dalla scuola un/una ragazzo/a che sia sensibile a questi temi?
Sono stata ospite in molte scuole e dal confronto con gli studenti è emerso che i ragazzi vorrebbero che la scuola mettesse in pratica azioni concrete. Non vorrebbero solo il solito film per “saltare l’ora”. O il dibattito 10 minuti prima della campanella, come dicono molti… ma azioni che vanno dalla riduzione dell’uso della plastica negli edifici scolastici fino ai pannelli solari e attività nelle quali possano impegnarsi in prima persona. Credo anche che alcune attività attinenti al tema possano aiutare a sviluppare skills importanti. Dal saper gestire un gruppo di coetanei all’ essere in grado di fare un progetto. E poi parlare in pubblico e confrontarsi in modo maturo con persone adulte.
C’è un modo più efficace di affrontare gli argomenti legati alla salvaguardia del nostro pianeta? Ci sono a tuo parere delle “strategie” per riuscire ad avvicinare i giovani che sono ancora distanti dalla consapevolezza ecologica? Come si può stimolare una sorta di empatia con il mondo circostante?
Da ex studentessa ricordo che gli insegnanti riuscivano a captare la mia attenzione e quella dei compagni solo e soltanto quando capivamo quale fosse lo scopo. Se il discorso non era sufficientemente motivante, li ascoltavamo i primi 10 minuti e basta. Non sono una insegnante e non conosco tecnicamente una strategia, ma posso parlare da giovane. A mio giudizio si potrebbero pianificare tre fasi:
- un momento in cui captare l’attenzione dei ragazzi, meglio se con un linguaggio per immagini. Ben vengano film, video, foto o visite guidate in cui vedano con i loro occhi i danni dell’inquinamento. L’empatia è emozione: più in questa fase si riesce a toccare il loro cuore, più si avranno risultati.
- a questo punto sarebbe bene approfondire l’argomento sotto un aspetto scientifico. Comprendere cosa è la CO2 e a cosa serve, qual è la differenza tra meteo e clima, perché la plastica può essere dannosa e così via. E soprattutto conoscere il pensiero degli scienziati su questo problema (vedi Intergovernmental Panel on Climate Change).
- occorre infine coinvolgerli con attività che li vedano protagonisti. Curare rubriche del tipo “lo sapevi che…”, registrare podcast in cui si intervistano scienziati, partecipare a progetti di pulizia di parchi o spiagge…
Credo che per avvicinare i giovani sia necessario dar loro una responsabilità e fargli capire quanto quel progetto dipenda da loro. È fondamentale tenerli motivati e mostrare che tanti altri studenti come loro hanno deciso di far sentire la loro voce. Anche io, che ero timida e insicura, in otto mesi sono riuscita a fare molto… È giusto far sì che credano nelle proprie potenzialità, nell’enorme potere che hanno! È il nostro momento, abbiamo attenzione mediatica e veniamo invitati ovunque. Per questo dobbiamo dimostrare che oltre a scendere in piazza e a criticare le vecchie generazioni, siamo d’esempio con progetti concreti. Spero anche che la mia esperienza personale, che ho voluto raccontare in Diario di una striker, aiuti i miei coetanei a capire che si possono superare difficoltà che prima sembravano insormontabili, che con un po’ di coraggio si riesce a cambiare, esperienza dopo esperienza, e a diventare così una vera risorsa per il mondo.
Diario di una striker di Federica Gasbarro (Edizioni Piemme) è in libreria.