Cosa succede nel corpo e nella mente quando si diventa grandi? Quando è giusto arrabbiarsi e quando ci si deve controllare? Che differenza c’è tra amicizia e amore?
Annalisa Strada, insegnante e autrice di libri per adulti e ragazzi, con Aiuto, cosa mi succede? guida i ragazzi attraverso gli snodi della vita, per imparare ad affrontarli e a vedere sempre il lato positivo delle cose. Un percorso verso l’accettazione di se stessi, la scoperta dell’altro, la costruzione di relazioni positive. Il tutto raccontato attraverso esempi di vita quotidiana.
L’autrice si è avvalsa del supporto scientifico della dott.ssa Patrizia Frongia, psicologa e psicoterapeuta, che qui ci offre alcuni interessanti spunti di riflessione sul tema dell’affettività e delle emozioni.
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L’affettività è la capacità relazionale di comunicare e ricevere amore. Noi adulti, come possiamo educare l’adolescente all’affettività? La dimensione affettiva è relazionale: racchiude e integra corporeità, genitalità ed emotività, intelligenza e comunicazione,e poiché rappresenta la struttura portante della persona adulta, nell’educazione affettiva si gioca lo sviluppo e la formazione di bambini, ragazzi e adolescenti.
Educare all’affettività e ad esprimere le proprie emozioni è un compito difficile, ma non impossibile. Come genitori e come insegnanti, ci troviamo di fronte a un adolescente che si affaccia al mondo con confusione insicurezza e incertezza, sentimenti che conosciamo e che a volte spaventano anche noi adulti. Penso che compito di un genitore sia quello di offrirsi da guida per il proprio figlio, per riconoscere e padroneggiare le emozioni. Prima di tutto il genitore, ma anche l’insegnante, possono insegnare a porre dei limiti, per esempio alla rabbia, e individuare modi accettabili per manifestare le proprie emozioni.
Il primo passo è quello di riconoscere che le emozioni negative che sperimentano gli adolescenti, come tristezza, delusione, rabbia, paura, possono essere un occasione di intimità con l’adulto e un momento prezioso di ascolto e di rispetto. Nell’adolescenza il genitore si ritrova ad affrontare una persona diversa da quella che aveva in mente, con altre idee, pensieri emozioni.
Questo può succedere anche a scuola, quando un ragazzo o una ragazza non corrispondono in pieno all’idea che l’insegnante si è costruito di loro, non solo sul piano dell’apprendimento, ma anche rispetto alla loro capacità di muoversi all’interno del gruppo o alle modalità di rapporto con i docenti.
È importante, quindi, rispettare la differenza dell’altro, prima ancora di cercare le motivazioni del suo agire. Accettare la delusione che forse nostro figlio, o il nostro studente, non farà quello che ci aspettiamo diventa un’occasione di apprendimento di vita affettiva per il ragazzo e, nello stesso tempo, elemento di rassicurazione nelle proprie capacità. Incoraggiare negli adolescenti le loro espressioni e pensare che possano trovare la soluzione ai loro problemi, affiancandoli e non sostituendoci a loro, li aiuterà ad aumentare l’autostima, a fidarsi dei propri sentimenti e a regolare le proprie emozioni.
Riconoscere e dare un nome alle emozioni come gioia rabbia tristezza e delusione, parlarne e descriverle, nel tempo aiuta il ragazzo a tranquillizzarsi e riconoscere quello che appartiene a lui differenziandolo da quello che appartiene all’altro. Come alcuni studi mettono in evidenza, l’atto di dare un nome alle emozioni ha un effetto rassicurante.
A cura di Patrizia Frongia
Psicologa, psicoterapeuta familiare e sessuologa
Leggi qui un estratto del libro.
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