Piera Levi-Montalcini, nipote di Rita Levi-Montalcini, e Alberto Cappio, curatore dell’archivio Levi-Montalcini, raccontano in un’intervista il processo di creazione del libro Un sogno al microscopio.
Un sogno al microscopio di Piera Levi-Montalcini e Alberto Cappio nasce dal bisogno di raccontare a ragazze e ragazzi come le strade che ci vengono mostrate non sempre siano quelle giuste per noi: a volte andare fuori rotta è l’unico modo per scoprire cosa possiamo diventare.
Gli autori
Piera Levi-Montalcini è la nipote di Rita, ingegnere, fondatrice e presidente dell’Associazione Levi-Montalcini che si occupa di assistere i giovani nello scegliere con consapevolezza il lavoro per cui si sentono portati, di collegare tra loro gli enti intitolati a Rita Levi-Montalcini e di valorizzarne gli insegnamenti.
Alberto Cappio è responsabile delle attività di ricerca, valorizzazione e promozione dell’archivio della famiglia Levi-Montalcini. Laureato in economia, da oltre venticinque anni si occupa di progetti di comunicazione e storytelling per aziende e organizzazioni non profit.
Il libro
Di Rita Levi-Montalcini si è raccontata soprattutto la vita adulta: in questo libro scopriamo invece una Rita bambina e ragazza. Nelle sue pagine gli autori ricostruiscono i tratti del suo carattere e la sua tenacia grazie alle numerose lettere che Rita e i famigliari si sono scambiati negli anni.
La sua vita è un ottimo esempio per le ragazze e i ragazzi che si sentono fuori posto e ostacolati: anche se non si è bravi a scuola, si può arrivare a vincere il Nobel!
Alla fine del romanzo è stato inserito un ottavino con la scansione delle lettere originali e alcune fotografie di Rita da bambina e ragazza, di cui puoi vedere qualche anteprima continuando a leggere l’approfondimento.
L’intervista
Abbiamo rivolto alcune domande agli autori per farci raccontare meglio il progetto e il processo di creazione.
Cosa ci sorprenderà di Rita Levi-Montalcini?
Piera: Che era una bambina e poi ragazzina non molto diversa dalle sue coetanee. Come la maggior parte dei giovani, non amava svisceratamente la scuola, litigava con i fratelli, amava le coccole della mamma… non è nata Premio Nobel! Era ricca di talenti non appariscenti che, messi sapientemente insieme, hanno fatto di lei un “gigante”.
Certamente è stata favorita da un ambiente famigliare pieno di risorse sociali e intellettuali che ne hanno favorito lo sviluppo, ma lei ha saputo far tesoro degli insegnamenti e cogliere sempre l’occasione favorevole alla sua crescita sfidando timori, paure e… bombe.
Alberto: Ci sorprenderà anche la sua apparente fragilità, che nasconde in realtà una grande forza e la consapevolezza dei propri limiti. Questi si possono superare con la determinazione anche grazie al supporto di chi ci vuole bene, che siano famiglia o amici.
E ci sorprenderà anche la sua… simpatia e ironia, che si sviluppa in particolar modo durante l’adolescenza e si può scoprire leggendo le sue lettere, che “aprono” i singoli capitoli.
Perché avete ricostruito l’infanzia di Rita attraverso le lettere?
Piera: Non si può ricostruire un periodo della propria vita, e tanto meno di quella di qualcun altro, se non si dispone di note, lettere o diari. La memoria tradisce sia nelle date, sia perché influenzata dal ricordo preponderante dell’emozione, positiva o negativa, provata.
In queste lettere di bambini, di cui possiamo seguire l’evolversi della crescita, viene raccontata la vita di tutti i giorni: quello che scoprono, quello che li interessa o li annoia, le loro rivalità, i loro sogni. Senza queste lettere potevo immaginare l’ambiente famigliare in base ai racconti fatti da ciascuno dei fratelli, ma sarebbe stata poca cosa rispetto alla ricchezza insita in uno scambio quasi giornaliero.
Alberto: Nel libro abbiamo riportato solo le lettere di Rita, in realtà abbiamo letto con attenzione anche tutto ciò che scriveva il resto della famiglia. Questo ha permesso di arricchire con maggiori dettagli e differenti “punti di vista” gli spunti per i singoli episodi.
Vorrei evidenziare che in parallelo abbiamo effettuato un accurato lavoro di ricerca storica, per ricostruire fedelmente la vita e gli eventi che caratterizzarono Torino e l’Italia nel primo Novecento.
Qual è il documento o l’oggetto a cui siete più affezionati dell’Archivio Levi-Montalcini?
Piera: Mi è impossibile scegliere. Ogni oggetto porta con sé il racconto di una storia: a chi apparteneva, chi lo usava, chi lo aveva regalato, dove era stato acquistato… Forse l’oggetto che più mi ha emozionata è una mezza conchiglia, che vedevo sempre su un ripiano della libreria di zia Rita e che non aveva mai attirato la mia attenzione.
Non tanto tempo fa improvvisamente ha destato la mia curiosità. Girandola, all’interno ho scoperto che era firmata da nonna Adele e nonno Adamo con la data e il nome del ristorante in cui avevano cenato in viaggio di nozze.
Oltre al “romanticismo” insito in quella conservazione, non ho potuto non considerare quanto quell’oggetto fosse importante per la nonna, e poi per le zie, tanto da riuscire a traghettarlo attraverso due guerre mondiali, l’esproprio di tutti i beni, le persecuzioni e tutto ciò che quel periodo ha comportato.
Alberto: Sono affezionato a tutto l’Archivio ma dovendo scegliere… il primo microscopio! È un oggetto iconico soprattutto se pensiamo a Rita e alle sue future scoperte. Rappresenta simbolicamente la svolta verso il futuro, che l’ha poi resa quella che oggi tutti ricordiamo.
5 aggettivi per descrivere Rita?
Piera: Tre li ha pensati mio padre: sensibilissima, fragilissima, resistentissima. A questi aggiungo i miei cinque: curiosa, tenace, volitiva, intuitiva, sagace.
Alberto: Aggiungerei un sesto… imprevedibile!
Il più caro ricordo che Piera ha con Rita?
Piera: La vita accanto a zia Rita era un susseguirsi di eventi importanti e indimenticabili, esperienze irripetibili se non fai parte della cerchia dei “grandi del mondo” sia per le persone che incontri, sia per i luoghi che hai la fortuna di vedere.
Io però ricordo con maggiore gioia i pranzi a casa delle zie, cucinati dalla insostituibile Giovanna, semplici ma irresistibili, che terminavano con lo squisito gelato al caffè, ricetta di zia Rita. Momenti in famiglia, pieni di scambi di opinioni su quanto accade, di considerazioni e confronto su progetti di lavoro volti al futuro della ricerca e dell’aiuto ai giovani, ma anche ricchi di ricordi più o meno lontani.
In cosa la vita e il percorso di Rita possono essere d’esempio per i ragazzi e le ragazze di oggi?
Piera: Non direi “di oggi”… di tutti i tempi! Rita da piccola non era la più “brava”, mio padre e le zie Nina e Paola avevano doti innate più palesi delle sue. Alla fine però chi ha sovrastato gli altri è stata lei. Tradotto in insegnamento: poniti mete alte e sfida prima di tutto te stesso per raggiungerle. Si può scoprire la propria vocazione anche oltre quelli che vengono considerati i tempi accettabili, ma in ogni caso l’importante è non aver paura di seguirla.
Alberto: Non abbattersi mai, confrontarsi con le persone più care e impegnarsi in ciò in cui si crede… tutto arriva a chi sa aspettare!
Con l’uscita del libro, qual è il vostro… “sogno”?
Piera: Questo libro è la prosecuzione del lavoro che da trent’anni svolgo per l’Associazione Levi-Montalcini: aiutare i giovani a sfidare la vita e a cimentarsi con le difficoltà. E mi auguro che serva a mantenere vivi insegnamenti che non hanno età, perché cambiano gli strumenti, ma le nostre emozioni e reazioni mutano con tempi biblici.
Per raggiungere l’obiettivo, stiamo lavorando alla creazione di uno Spazio Levi-Montalcini che diventi, partendo da quanto conservato, un “cuore pulsante” per i ragazzi e in cui la scienza, rappresentata da zia Rita, l’architettura e l’arte rappresentate da mio padre e da zia Paola, possano essere sperimentate, discusse e vissute con lo stesso spirito pionieristico, fantasioso e ottimistico che ha mosso sempre i tre fratelli.
Alberto: Stiamo pensando alla creazione di uno spazio interattivo per giovani e famiglie. Un luogo in cui, rivivendo la storia di Rita e dei suoi fratelli, tutti possano imparare e mettersi alla prova, cercando di capire quale potrebbe essere la propria… medaglia del Nobel. È un progetto ambizioso in cui vogliamo coinvolgere il mondo imprenditoriale, il non profit e le istituzioni.